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Il Novecento prima del Fascismo

Se nell'Ottocento la popolazione di Campana si era mantenuta piuttosto stabile (nel 1816 gli abitanti sono 2377; 2537 nel 1828; 2365 nel 1861; 2338 nel 1881), nel corso del primo Novecento si ha un notevole incremento progressivo passando dalle 2476 unità del 1901 alle 3011 del 1921, alle 3612 del 1936, alle 4800 del 1951 per poi ridursi a 4301 nel 1961 e quindi assestarsi tra le 3500-3000 unità in questi ultimissimi anni. In questi primi anni del 900 la Pretura è retta dall'Avv. Saverio Gianni coadiuvato da Saverio Romanelli come Cancelliere. All'Ufficio Postale vi è direttore Saverio De Martino. Diversi sono gli esercizi pubblici. In particolare operano i negozi di tessuti di Giuseppe Bisbano, Beniamino Piro e Angelo Sangiovanni; di generi alimentari di Giovanni Aiello, Salvatore Romito, Francesco Sciarrotta e Antonio Vitale; di vino di Ernesto De Martino, Filomeno Santoro e Giovanni Viola. Sono operativi inoltre i mulini di Antonio Ausilio, Nicola Benevento, Vincenzo Grande, Vincenzo Gualtieri, Luigi Parrotta e Ferdinando Santoro. Il secolo, comunque, non si apre sotto i migliori auspici. Nel settembre 1905, infatti, un forte terremoto interessò tutto il Circondario provocando a Campana notevoli danni, tanto da spingere il sindaco Pasquale Santoro a chiedere al Governo l'immissione del paese tra quelli più danneggiati. A risentirne maggiormente fu la zona bassa del rione Terra, dove molte case crollarono ed altre restarono pericolosamente lesionate. Se ciò non fosse bastato, nel dicembre successivo una pioggia torrenziale durata diversi giorni completò l'opera provocando altri crolli e vittime, tra cui la morte di un ragazzo quindicenne, di cui si ignora l'identità. Così racconta l'accaduto il Dott. Francesco Manfredi in una corrispondenza per il periodico Nuova Rossano :

"La furia celeste, scatenata in quell'infausto mese, determinò scoscendimenti rovinosi e frane enormi, di cui una travolse e trasportò nel fiume un giovinetto di anni 15, che fu rinvenuto, nella mattina seguente, interrato di quasi tutta la persona nel greto sabbioso. I soli piedi uscivano dal tetro avello a testimoniare la miseranda fine dello sventurato".

Sotto il crollo della loro casa era finita, inoltre, l'intera famiglia di Saverio Grillo, salvata miracolosamente dal pronto intervento del brigadiere dei Carabinieri Anselmo Ciuffoletti, aiutato dal collega Angelo De Leo e dal Capo Guardia Municipale Leonardo Cerenzia. Il gesto valse il conferimento della cittadinanza onoraria al Ciuffoletti, avvenuto nell'agosto 1907 ad opera del sindaco Pasquale Santoro. Il terremoto e l'alluvione avevano gettato il paese in una profonda crisi economica, già di per sè endemica, per cui si organizzò una sommossa popolare, che costrinse l'Intendente di Finanza di Cosenza a sospendere il 15 gennaio 1906 il pagamento della prima rata delle imposte sui terreni, fabbricati, addizionali e sovrimposte. Ma il provvedimento non venne ritenuto sufficiente perchè le agitazioni continuarono. Ci è ancora una volta di supporto la cronaca fatta sulla stampa dal benemerito farmacista Francesco Manfredi, di Lorenzo, che citiamo:

"Viva Campana! Qui si è in pieno risorgimento! In pochi mesi, cinque comizii pubblici... cose da uscir matti! (...) I miei compagni, dopo venti secoli, si svegliarono! Gli assonnati discendenti degli Enotri hanno dunque una buona volta inteso il bisogno di scendere in piazza, nella storica piazza, detta per celia, "del Parlamento", onde mettere sul tappeto della pubblica discussione i problemi vitali della propria esistenza. E vi sono scesi, ma furono i disagi privati, i dissesti finanziarii, la crisi economica, il terremoto, le alluvioni che li cacciarono dalle case ed ivi li spinsero per agitarsi, per parlare, per farsi sentire. E si sono agitati, e l'agitazione fu ben condotta nei limiti più stretti delle concessioni statutarie, hanno parlato, e nei discorsi si rimpiansero le felici epoche dell'abbondanza, allorquando lo scampanio delle numerose mandrie, indice di ricchezza, allietava le solitarie balze e le folte boscaglie del fertile nostro territorio, si sono fatti sentire ed i lamenti arrivano al sommo Giove, che con premurosa benevolenza mista ad uno stretto dovere di riguardo, fece loro il gradito presente di frutti speciosissimi e non mai più gustati! Sfido! Qui non si pagano le imposte dal bimestre di Febbraio, e, se approveranno la legge delle Calabrie al senato, intascheremo l'importo delle rate di Ottobre e Dicembre 1905, già inghottite dal Cerbero della Finanza. (...) Campana 10 maggio 1906".

Le giuste rimostranze valsero anche ad ottenere che la variante Acquarramata-Scalo ferroviario di Campana della strada provinciale 48 fosse inserita nella tabella D della Legge Calabria, per cui la spesa sarà a carico per 3/4 dello Stato e 1/4 della Provincia. Inoltre l'ingegnere capo dell'Ufficio Tecnico di Cosenza, Ing. Rambelli, riconobbe l'urgenza di abbattere alcune casette pericolanti site alla base dell'abitato e di trasferire in altra parte del paese gli evacuati. A promuovere lo stato di agitazione era stata la Società Agraria Operaia di Mutuo Soccorso sorta a Campana nel 1905. Riunita in assemblea generale, il 25 febbraio 1906 censurò l'operato dei Deputati del Centro Italia, che si erano schierati contro i provvedimenti governativi a favore del Meridione. In quella occasione approvarono il seguente o. d. g.: "La Società Operaia di M. S. riunita in solenne assemblea, esprime la sua giusta indignazione contro l'ostile ed inopportuno atteggiamento assunto dai Deputati dell'Italia Centrale verso il Governo per ostacolarlo nei provvedimenti a favore delle province meridionali. Esorta nel contempo tutti i Comuni del Circondario e della Calabria a provocare proteste consimili, facendo urgenza presso i loro rappresentanti politici onde, pur essi, si riuniscano per contrarrispondere alla ingrata coalizione dei Sinibaldi, Ciuffetti, Canevaris, Fortis e compagnia". Malgrado tutto, comunque, le provvigioni governative arrivarono e quindi la tensione si allentò di conseguenza. Non era trascorso un anno, che un nuovo disastro si abbattè sulla già provata economia del paese. Il 28 luglio, infatti, l'agro di Campana venne completamente distrutto dalla grandine. Il fatto ebbe tale gravità, che Nuova Rossano vi dedicò l'intera prima pagina con un servizio firmato ancora dal Dott. Manfredi. Vale la pena riportarlo integralmente per capire la gravità di quanto successo e per godere di una deliziosa pagina letteraria.

"Campana 30. 7. 1906. Verso le ore undici del 28 scorso si formava repentinamente sul cielo di Campana una nube di straordinaria grandezza, simile ad un immenso velario di piombo, aveva una tinta nero cupa, e dai bordi colorati in giallo rossigno usciva una luce livida, che ogni cosa tingeva di sinistro ed insolito colore gettando negli animi attoniti un indicibile manico. Un vento turbinoso, seguito da un vivido lampo e da uno scroscio di fulmine immediato, preannunciaronola incombente aerea procella: ed in effetti si vide il fondo Torracca avviluppato da una nebbia biancastra, e tosto in quella direzione si udì un rumore straordinario, un fracasso indiavolato che misto ad fragore delle repentine scariche elettriche dava l'idea come se giganti rotolassero grandi massi per enormi pendii!..." La grandine! la grandine... poverelli noi!..." ognuno disse, e col volto cereo e livido più del cielo subitamente rincasò; poi s'intese un batacchiare di porte e di finestre... un chiamare confuso e frettoloso... e nulla più!... la violenza del temporale trionfava! E già il fracasso, prima inteso in lontananza, s'avvicinò con terribile celerità, e tosto l'abitato fu invaso da Giove tonante e da una fittissima grandine! Il turbine vorticoso lanciava questa con impeto straordinario; e già sui vetri e sulle tegole s'intese ben presto un saltellare frettoloso e incalzante, come di massi gettati con forza violentissima. Io che scrivo, chiuso in una stanza, volli azzardare uno sguardo al di fuori! aprii lo sportello della finestra, e, mentre uno sbuffo di vento ed una fortissima scarica mi spingevano all'indietro... vidi... e che vidi. Il cielo tutto nero, in cui ininterrottamente guizzavano i lampi.... e la strada sottostante tutta ingombra di ghiacciuoli di fenomenale grandezza e di svariatissime forme: quelli sferoidali eran grandi - senza eccezione - quanto un uovo, e gli stellati, a sei e sette punte acutissime, erano pur essi altrettanti pezzi di ghiaccio di circa 150 grammi! La vita sembrava in quei momenti sospesa; ognuno aveva palpiti e tremiti convulsi, giacchè comprendeva la gravezza del momento e temeva per i proprii cari, sparsi per le aperte campagne come pure intuiva che la sua vigna, il suo orto, la sua non mietuta messe era - morente vittima - soto gli artigli del terribile e terrificante flagello della grandine! Scoccava mezzo giorno ed il fracasso gigantesco non accennava a scemare; la furia vorticosa del temporale continuava a gettare lo spavento negli animi e la devastazione per le campagne! Verso le 12 e mezzo infine cessò la macabra danza delle grandine; però i fulmini continuarono per un pezzo a rintronare per l'infelice cielo di Campana, ancora coperto di nuvole che fuggivano come altrettante anime dannate! Dopo un'ora cominciarono a rincasare le persone dalla campagna e sul loro pallido viso si leggeva lo sgomento e lo sconforto! Le prime frasi da essi pronunziate furono: "Siamo rovinati, la campagna è letteralmente distrutta!..." e taluni con le lagrime agli occhi e col pianto lì lì per sgorgare, dicevano: "Addio più vigne, addio più ortaggi, ogni cosa è addirittura perita... i grappoli delle uve, spezzati dal tralcio dormono sul terreno il placido sonno della morte; quelli rimasti attaccati alle viti attendono il medesimo fato, giacchè presto o tardi cadranno pur essi, essendo il loro peduncolo ferito e quindi bruciato dalla grandine!...". Che dire degli orti? Annientati nel modo assoluto: le piantoline dei peperoni sono altrettanti sterpi senza frutti e senza foglie; i pomidori e le zucche sono rimasti - cosa meravigliosa - forati da parte e aparte ed i loro teneri tralci e soppesti sembrano come se vi fosse passata sopra una turba di mulette selvatiche!... Per completare il quadro funereo della distruzione, ritti, in mezzo agli orti, stanno i fusti del granturco, i quali, avendo avute le foglie tagliuzzate in sottili fettucce, queste penzolano dal nervo mediano e danno l'idea dei salici, funesti alberi di cimitero."

Nella circostanza il Ministro dell'Interno fece pervenire al Sindaco Pasquale Santoro il seguente telegramma di solidarietà:

"Sindaco Campana. Dolente grave disastro metereologico occorso cotesto territorio comunicherò rapporto vossignoria circa entità danni collega Finanza perchè qualora sia possibile promuova opportuni provvedimenti per lenire tanta sciagura non posso fare altro non avendo questo Ministero fondi stanziati per simili soccorsi".

1. Vita amministrativa
Al sindaco Silvio Cundari il 6 gennaio 1903 successe il not. Pasquale Santoro, che rimase in carica per ben 4 legislature fino al 1918. Per quanto siano stati anni di forti tensioni sociali e politiche a livello nazionale e malgrado le precarie condizioni economiche generali, si assiste a Campana ad un fervore di opere pubbliche di notevole risonanza civica. Ricordiamo tra l'altro l'acquedotto Portara, in condotto di spurgo lungo il rione Terra, la costruzione di un nuovo cimitero, il servizio postale, la quotizzazione di alcuni fondi comunali ed un insieme di piccole realizzazioni, che hanno dato al paese un volto più rispondente ai tempi. Il problema dell'approvvigionamento idrico era diventato pressante per i paese. Era ormai impensabile che per il comodo dell'acqua in casa si dovesse ancora ricorrere esclusivamente alle sorgenti di Azzolino per il rione Terra e della Castagnella per i Croci. A parte le distanze e la pericolosità della strada di accesso, le esigenze civiche erano mutate rispetto al passato, per cui era urgente trovare una soluzione. In verità non erano mancati i tentativi per uscire dall'emergenza. Il Consiglio Comunale, per esempio, nel giugno 1898 aveva affrontato il problema della conduttura delle acque potabili, come pure nel 1902 il sindaco Cundari aveva avviato la pratica per portare in paese l'acqua della sorgente Acritano, risultata potabile dall'analisi chimica eseguita dall'Ufficio centrale d'Igiene. Ma la vera soluzione si avviò nel 1904 quando il sindaco Pasquale Santoro affidò all'Ing. Giuseppe Corte l'incarico di compilare un progetto di acquedotto per portare in paese le acque di località Portara. Col consenso del Consiglio Comunale venne deliberata la contrazione di un mutuo trentacinquennale di £. 100 mila presso la Cassa Depositi e Prestiti. Il progetto, redatto dall'Ing. Corte il 3 marzo 1904 e spedito per tempo alla Prefettura di Cosenza per l'approvazione, tardava a tornare indietro. Il Sindaco Santoro, dopo aver atteso 4 anni invano, andò di persona dal Prefetto per conoscere i motivi del ritardo. Ma quale non fu la sua meraviglia quando dall'impiegato si sentì rispondere che il progetto era andato smarrito! In fretta fece approntare nuovamente il progetto, che venne approvato dal Genio Civile il 30 luglio 1908 e poi vistato dal Ministero ai Lavori Pubblici il 29 novembre successivo. Come era prevedibile la gara d'appalto andò deserta perchè i prezzi non erano più adeguati ai nuovi costi. Il progetto, pertanto, venne affidato all'Ing. Domenico Olivella perchè vi apportasse le opportune modifiche. Queste comportarono un aggiornamento dei prezzi del 15%, per cui il primitivo costo di £. 100 mila passò a 145, di cui 119.500 come base d'asta e £. 25.500 a disposizione del Comune; le giornate lavorative da 180 divennero 540. Il Consiglio Comunale approvò all'unanimità la relazione dell'Ingegnere del 29 maggio 1910 ed affidò poi all'Ing. Augusto Greco di Napoli la direzione dei lavori. Dell'incredibile vicenda si interessò anche Nuova Rossano , in una corrispondenza "Da Campana", senza firma, del 9 agosto 1910. Dopo il racconto dei fatti presso la Prefettura, si dilunga sulla pubblica manifestazione di protesta organizzata subito in paese. E' interessante seguirla dalla viva voce del cronista:

"Oramai siamo stanchi di aspettare, questo leone campanese incomincia anche egli a rodere la rete che lo ha avvinto, che lo ha prostrato dal giorno dell'annessione del Mezzogiorno al Piemonte; il popolo campanese ha incominciato anch'egli a ruggire e guai quando il popolo perde la pazienza!!... La sera del 7 c.m. (agosto) alle ore 7 pomeridiane tutto il popolo con a capo la banda cittadina si riuniva in comizio per lodare l'opera del Comune e biasimare l'eterna turlupineide delle autorità superiori. Aprì il comizio il valente giovane Giovanni Santoro, che con brillante parola e forbiti pensieri stigmatizzò l'inerzia volontaria del nostro governo che fa dormire e fa disperdere volontariamente la pratica dell'acquedotto di Campana. Raccomandando la serenità e la calma l'oratore invitò la popolazione a recarsi presso l'Amministrazione Comunale per indurla a protestare energicamente avverso le autorità competenti; ed il comizio allora dietro le parole dell'oratore con perfetto ordine arrivò al Municipio per incoraggiarlo all'opera vitale che oggi a dispetto dei maligni occupa le nostre speranze; e là il Sindaco Sig. Pasquale notar Santoro, animato dalle nostre stesse speranze parlò incoraggiandoci alla calma e promettendoci che il Comune mai ci abbandonerà nelle nostre giuste aspirazioni. Dopo acclamazioni frenetiche il comizio colla massima dignità percorre le vie del paese ed in piazza Caliserno (sic!) piglia la parola il simpatico farmacista Manfredi Francesco che con speciale abilità espone la storia del progetto indicandone gli ostacoli che ne turbano il legittimo corso e determina i mezzi per portarlo a termine. Infine fa appello al nostro rappresentante politico On. Francesco Ioele, che da vero galantuomo si interessa vivamente delle nostre faccende vitali. Indi pone fine dando un accenno alla deviante "Acqua Aramata", Stazione di Campana della quale già l'On. Ioele si è occupato. Dopo il discorso dell'oratore applauditissimo il comizio si scioglie colla massima tranquillità ed il popolo si ripromette di ricominciare con maggiore energia e magari con violenza se le autorità non si risveglieranno al nostro grido di protesta".

A seguito delle rimostranze e con l'approvazione prefettizia del nuovo progetto le cose sembravano risolte per il meglio. In realtà non fu così perchè la direzione dei lavori cambiò diverse mani. L'Ing. Greco, per motivi di lontananza, venne sostituito prima con l'Ing. Giuseppe Olivella e successivamente, nel gennaio 1913, con l'ing. Stanislao Martucci di Cerenzia, che finalmente condusse a termine l'opera. Appaltatore dei lavori fu Giuseppe Zangari. La consegna, dopo una proroga di 70 giorni, avvenne il 1° dicembre 1913. L'inaugurazione si avrà nel successivo gennaio 1914. A ricordo dell'evento alla porta d'ingresso del Serbatorio venne apposta la scritta: "ACQUEDOTTO PORTARA INAUGURATO GENNAIO 1914 SINDACO PASQUALE SANTORO". Fontaniere, sorvegliane e custode provvisorio venne nominato Eugenio Santoro, di Filomeno, con uno stipendio mensile di £. 50. L'incarico divenne definitivo nel 1916. A corredo dell'acquedotto, vennero istallate per il paese diverse fontanine pubbliche, tra cui quella monumentale a due getti di Piazza Parlamento. Completata la condotta pubblica, nacque in molti l'esigenza di avere l'acqua in casa, per cui iniziarono anche gli allacci privati, rendendo necessario un "Regolamento sulla concessione dell'acqua potabile a domicilio". Questo venne approvato nel 1926 dal Podestà Francesco Sangiovanni.
Tra le altre opere, da segnalare il condotto di spurgo dalla casa Perricone al Campanile della Chiesa Matrice, deliberato dal Consiglio Comunale il 24 giugno 1906 con una spesa di £. 500. Il secondo tratta fino a Piazza Parlamento si contò di farlo in un altro momento più propizio.
Più tormentata fu la vicenda del nuovo Cimitero , che doveva subentrare all'altro di località Zimmariello, ormai intasato ed inadeguato alle esigenze. Il problema cominciò ad agitarsi già dal 1897, quando si avvia la lotteria delle località da reperire allo scopo. Davanti alle difficoltà emergenti si ripiegò nuovamente, come era avvenuto già in precedenza, sugli antichi ex conventi. Il Consiglio Comunale, dopo aver deliberato nel 1905 l'acquisto dell'ex convento di S. Antonio, pensò subito di destinare a cimitero il terreno circostante. Ma non si frappose molto tempo, che si pensò di costruirlo intorno all'ex convento domenicano della Madonna delle Grazie "perchè - si legge nella delibera - risponde alle esigenze del nuovo regolamento speciale sulla polizia mortuaria". Nell'uno e nell'altro caso si pensava di poter utilizzare la chiesa come camera mortuaria ed il fabbricato annesso come abitazione del custode, facendo risparmiare diversi soldi alle casse comunali. Entrambi le soluzioni furono di fatto scartate perchè la scelta nel 1909 cadde definitivamente su un terreno in località Piana delle Felci (c.da S. Leonardo) espropriato alla famiglia Manfredi, dove poi in effetti il cimitero è stato costruito. Pur con approvazione sotto-prefettizia dell'11 gennaio 1910 (n. 22), ci volle il 1914 prima che potessero iniziare i lavori. A redigere il progetto venne incaricato l'Ing. Stanislao Martucci, già impegnato a Campana per l'acquedotto e contestualmente per la conduttura lurica. Per alcune difficoltà intervenute e con un piano di spesa di £. 41 mila i lavori poterono iniziare nel 1916 per essere conclusi nel 1920 tra la delusione generale perchè il recinto non era a muratura, ma in tavole. Il fatto venne denunciato anche a mezzo stampa dal giovane Avv. Giovanni Santoro. In un articolo in prima pagina dal titolo Problemi Campanesi così scrive a proposito:

"Horresco referens. Campana è senza Cimitero; dico senza perchè non vorrà pretendersi che si chiami cimitero l'orribile rinchiuso di tavole nel quale sono sotterrati i nostri morti. O varii amministratori definitivi e provvisorii che avete sempre considerato con molta leggerezza questo problema; o spudorate autorità tutorie che non vi siete mai presa la briga di far eleiminare con ogni mezzo questa nostra vergogna; o campanesi tutti che con la vostra indolenza dimostrate di non possedere il più sacro e nobile dei sentimenti, quello del rispetto ai morti... nessuna invettiva può essere adeguata alla vostra ignavia perchè tutti avete dimostrato di essere alla pari delle bestie se neppure a quelli che muoiono sapete dare il conforto dell'ultima dimora. (...) Il pudore - poichè sono anche io cittadino campanese - avrebbe dovuto indurmi a tacere questa nostra vergogna; ma non forse bisogna mettere a nudo le piaghe più recondite per ottenere che l'opera sapiente del chirurgo le risani? E fino a quando durerà questo scempio, che costituisce la nostra maggiore vergogna?".

Il problema Cimitero, pertanto, restò asperto per concludersi definitivamente nel 1932 allorquando il Podestà Sangiovanni, liquidati sia l'Impresa Lupinacci, appaltatrice dei lavori, sia gli eredi di Francesco Manfredi, di Pasquale, proprietari del terreno, deliberò di approvare la relazione di collaudo fatta il 18 luglio dall'Ispettore del Genio Civile di Cosenza, che riconobbe idoneo il cimitero.
Continuando la carrellata delle opere pubbliche di maggior rilievo in questo periodo non è da dimenticare la condotta delle acque luride . Il progetto, inizialmente affidato nel 1914 all'Ing. Martucci, nel febbraio 1916ha come nuovo incaricato l'Ing. Enrico Vitton di Rossano e nel 1920 l'altro rossanese Ing. Domenico Palopoli. Nel 1922 si rese necessario un nuovo aggiornamento dei prezzi. Il susseguirsi di progettisti induce a pensare che l'opera non sia mai iniziata, per cui unico condotto di spurgo per il rione Terra restò quello realizzato nel 1906, di cui si è già parlato. E' nel 1925, finalmente, che il Consiglio Comunale dà incarico all'Ing. Giulio Nicola Santoro perchè, prendendo come riferimento il progetto dell'Ing. Palopoli del 1922, lo estenda al rione S. Croce. Ancora una volta il progetto viene approvato dal Genio Civile il 24 settembre 1928, viene deliberata la contrazione di un mutuo trentacinquennale presso la Cassa Depositi e Prestiti, ma i lavori inspiegabilmente non vengono appaltati. Si dovrà arrivare al 1932 per vedere l'avvio dei lavori, la cui direzione è data allo stesso Ing. Santoro progettista. L'impresa appaltatrice fu la ditta Luigi Giovanni Lanza di Cosenza, che assunse anche i contemporanei lavori di pavimentazione delle strade. Dopo numerose proroghe concesse dal Podestà Sangiovanni, i lavori poterono essere consegnati nel 1934 contestualmente a quelli della pavimentazione.
Alla fine della guerra 1915-18 risale la costruzione della teleferica , costruita dai prigionieri austriaci per il trasporto del legname silano da Mezzocampo alla Stazione ferroviaria di Cariati. Il Consiglio Comunale nel dicembre 1918 delibera di accettare dalla Società Sila Savelli, che la gestiva, la somma di £. 2455.50 a titolo di indennizzo per i danni arrecati ai fondi comunali dal passaggio delle sue stazioni. La teleferica rimase in funzione fino allo scoppio della seconda guerra mondiale. Nel 1935, all'altezza del fondo Catachilla, sopra l'attuale cimitero, vi fu un grave incidente, che costò la vita ad Antonio Aiello e a Francesco Manfredi.
Fatto importante per la rapida comunicazione col mondo esterno fu l'istituzione in paese del servizio telefonico , inaugurato il 25 luglio 1920 dal Commissario Prefettizio Avv. Giuseppe Fontanella. Per l'occasione si tenne un ricevimento d'onore durante il quale l'Avv. Giovanni Santoro pronunciò il discorso ufficiale.
Concludiamo questa parte segnalando l'esigenza inevasa del paese di avere un edificio scolastico . Così esprime il disagio Giovanni Santoro in un articolo già citato:

"A Campana, capoluogo di Mandamento, ricco comune di quattromila abitanti, i locali scolastici sono ogni anno improvvisati nelle case dei privati, ed i due soli vani di proprietà comunale, adibiti a scuola, stanno di fronte alle carceri mandamentali giudiziarie: nuovo sistema moderno di educazione della adolescenza ingenua! Una iniziativa privata qualche anno fa, di fronte a questo sconcio voleva a sue spese portare a compimento l'edifizio scolastico e regalarlo al Comune di Campana. Vi fu chi nella generosa offerta volle vedere un agguato; si iniziò un sistema di ostruzionismo volgare contro l'uomo il cui disinteresse fu malamente interpretato; si lanciarono persino basse e stupide insinuazioni contro il generoso offerente e contro coloro che ne stimolavano l'iniziativa ... il fatto sta che l'edifizio scolastico, nonostante le leggi provvide sul riguardo, non è stato ancora costruito, ed i nostri bambini nelle rigide e nevose stagioni invernali apprendono i primi elementi del sapere in stanze umide ed antigieniche, e spesso disertano le scuole".

2. La guerra 1915-1918
La dichiarazione di guerra all'Austria da parte dell'Italia nel maggio 1915 con la conseguente mobilitazione generale, costò anche a Campana un prezzo pesante di vite umane, che oggi più che mai, nel momento in cui si vuole mettere a rischio l'unità nazionale, reclamano da tutti rispetto e civico onore. Centinaia furono i giovani chiamati alle armi, anche se, purtroppo, non abbiamo disponibile l'elenco completo dei meritevoli, molti dei quali, pur avendo scritto pagine di storia col sangue, ci restano ignoti. Non così per i 30 caduti, che segnaliamo alla memoria per gradi militari ed in ordine alfabetico: tenente Francesco Pancali del 142° Reggimento Fanteria (1891-1917); caporal maggiore Giuseppe Bastone (1895-1918); cap. magg. Giuseppe Sangiovanni (1890-1916); soldati Domenico Aprigliano (1897-1917); Nicola Aprigliano (1888-1915); Gennaro Salvatore Biondo (1893-1915); Vincenzo Cerenzia (1895-1915); Giovanni Cofone (1898-1916); Bruno Cornicelli (1889-1915); Francesco Croce (1889-1918); Nicola Croce (1891-1916); Carmine Ferraro (1886-1918); Saverio Ferraro (1876-1918); Saverio Grano (1888-1915); Domenico Grilletta (1883-1916); Francesco Ionfrida (1884-1917); Francesco La Pietra (1894-1916); Francesco Maccarrone (1890-1915); Francesco Madera (1893-1918); Luigi Murano (1897-1918); Saverio Oliverio (1898-1917); Luigi Palopoli (1896-1917); Francesco Parrotta (1887-1918); Saverio Parrotta (1891-1918); Francesco Pugliese (1886-1917); Antonio Rossano (1880-1917); Antonio Rossano di Saverio (1893-1916); Saverio Rossano (1896-1916), decorato con medaglia di bronzo al v. m.; Domenico Sblendido (1880-1917); Pietro Sciarrotta (1885-1917). A questo elenco di caduti sono da aggiungere i reduci, alcuni dei quali, ancora vivi nel 1970, hanno ottenuto dal Presidente della repubblica l'onorificenza di Cavalieri di Vittorio Veneto. La consegna venne fatta dal sindaco Ing. Ernesto Funaro nel corso di una cerimonia pubblica. Ottennero l'onorificenza: Domenico Ausilio, Francesco A. Ausilio, Giuseppe Ausilio, Luigi Ausilio Madera, Domenico Caccuri, Leonardo Caccuri, Domenico Cerenzia (ritira la moglie), Salvatore Cofone, Domenico Cosentino, Belfiore Salvatore Cosenza, Domenico Costantino (Via Calzolai), Domenico Costantino (Via Roma), Vincenzo Costantino, Francesco Crescente, Serafino De Luca, Giuseppe Germinara (ritira il figlio), Vincenzo Germinara, Antonio Francesco Greco, Francesco Greco, Giovanni Greco, Giuseppe Greco (ritira figlia), Pasquale Antonio Greco, Saverio Greco, Francesco Domenico Grillo, Francesco Ioverno (ritira moglie), Pasquale Vincenzo La Pietra (ritira moglie), Andrea Antonio Lautieri, Giacomo Giuseppe Madera, Giuseppe Madera, Santo Gennaro Madera, Vincenzo Madera, Nicola Manfredi, Pasquale Manfredi, Antonio Marino (ritira moglie), Domenico Parrotta, Francesco Parrotta, Antonio Rossano, Francesco Antonio Rossano, Domenico Rovito (ritira figlia), Pasquale Rovito, Pietro Rovito (ritira figlio), Luigi Santoro, Giovanni Santoro Maccarrone, Francesco Giovanni Sciarrotta, Giuseppe Sciarrotta, Pietro Sciarrotta, Bruno Serafini, Francesco Serafini, Giovanni Francesco Serafini, Luigi Sicilia (ritira nuora), Pasquale Spina, Tommaso Spina, Nicola Tridico, Pietro Tridico, Francesco Urso. Altri ebbero la sola medaglia ricordo. Tra questi: Igino Biagini, Gaetano Capocasale, Isidoro Caruso, Antonio De Sessa, Giacinto Grillo, Antonio Ionfrida, Domenico Machera, Francesco Scavello, Domenico Viola. Su tutti si distinsero Vincenzo Lautieri, Giuseppe Rovito e Lorenzo Spina, che vennero decorati con medaglia al valore militare.
Vincenzo Lautieri , soldato del 77° Reggimento Fanteria nell'operazione sul fiume Livenza il 1° novembre 1918 si guadagnò la medaglia di bronzo al v. m. con questa motivazione: "Animato da alti sentimenti, fu sempre tra i primi nelle imprese più arrischiate, servendo di guida e di esempio. In una speciale occasione si offrì volontario a far parte di una pattuglia che doveva provvedere al gittamento di una passerella sul fiume, e, individuata una mitragliatrice avversaria che ostacolava i lavori, con un compagno di pari ardimento, profittando della copertura del terreno e giuocando d'astuzia, aggirò l'arma, le si avvicinò ed attaccatala di sorpresa, ne mise in fuga i serventi, catturandola insieme ad altro materiale".
Giuseppe Rovito , caporal maggiore 63° Regg. Fanteria, nella compagnia di Serbia per un'operazione a quota 1050 m., il 10 maggio 1918 ottenne la Croce di guerra distinguendosi "per calma, coraggio e sentimento del dovere, durante un attacco nemico".
Lorenzo Spina , Sottotenente di complemento della 1607 Compagnia mitragliatrici. Il 19 giugno 1918, ad Arcade sul Piave ottenne la medaglia di bronzo con questa motivazione: "Comandante di una compagnia di mitragliatrici; appoggiò efficacemente l'avanzata della nostra fanteria. Sopraffatta quasi la nostra linea da ingenti forze nemiche, dando bell'esempio di calma e coraggio, rimase saldo al proprio posto, continuando a far fuoco finchè la situazione non venne completamente ristabilita, l'avversario respinto". Oltre alla medaglia di bronzo, il Dott. Spina il 5 marzo 1919 (concessione n. 20029) ricevette la Croce al merito di guerra sia dal Comandante del Corpo d'Armata Montanara, sia dal Comandante del XXVI Corpo d'Armata.

3. La quotizzazione del 1919
La quotizzazione del 1919, richiesta ormai dalla delicata situazione socio-economica seguita alla fine della guerra, era stata preceduta da una serie di interventi dell'amministrazione comunale fin dai primissimi anni del secolo volti sia a salvaguardare il demanio comunale, sia a regolamentare i rapporti con i fittuari. E' del giugno 1906 la concessione in enfiteusi di beni patrimoniali siti in località Ficuzza e Incavallicata da destinare a colture a vigneti. La stessa operazione verrà ripetuta nel 1909 con un regolamento in cui era fissato un canone fisso per tutti i quotisti. Su questo il Sottoprefetto di Rossano con dispaccio n. 173 del 20 gennaio 1910 fece delle osservazioni chiedendo chiarimenti. Vi si legge: "Rilevo poi che non sembra si possa determinare a priori un canone fisso dal momento che sono diverse la natura e la estenzione del terreno, che costituiscono le singole quote. E' bene che per ogni singola quota il perito proponga il canone secondo la qualità e la estenzione del terreno, salvo l'approvazione del Consiglio". Il 6 marzo successivo il Consiglio approva un nuovo Capitolato per i fitti dei fondi comunali articolato in 25 punti. Analogo capitolato in 17 articoli venne approntato per il sessennio 1912-1918 per i fondi Foresta e Montagna. Altra concessione in enfiteusi di beni comunali di località Ficuzza e Incavallicata si ebbe nel 1914. Le norme principali per l'assegnazione vennero stabilite in 5 punti destinando i fondi a colture di vigne e ortalizio. Per lo scoppio della guerra la quotizzazione venne sospesa per essere ripresa con un nuovo Regolamento nel gennaio 1919. Il 1919, comunque, è soprattutto l'anno della quotizzazione del fondo Torracca, deliberata dal Consiglio Comunale il 12 gennaio 1919 ed approvata dal Prefetto di Cosenza il 25 febbraio successivo. Il testo della delibera adottata dal sindaco Pasquale Santoro e dai consiglieri Gennaro Madera, Luigi Romito, Angelo Sangiovanni, Giuseppe Luzzi, Enrico De Martino, Saverio Manfredi, Filomeno Santoro e Giuseppe Ausilio recita così:

"Considerato che il Comune di Campana possiede molti beni che si mantengono incolti ed improduttivi da parecchi anni. Considerato che il popolo di Campana, in massima parte contadini, non trova agio ne' terreni da potere adibire alla coltura dell'ulivo, giacchè l'unica contrada adattata alla piantagione di simili alberi tanto utili per la popolazione è la contrada Torracca, la quale sorge all'altezza di circa 300 metri sul mare, in zona inferiore all'abitato, ed ove in molta parte l'ulivo nasce spontaneamente. Considerato che il detto fondo è estesissimo e potrebbe soddisfare i bisogni non solo dei poveri, ma anche dei piccoli possidenti, i quali con maggiore facilità potrebbero provvedere alla coltivazione dell'immobile. Considerato che il Comune non perderebbe di rendita perchè il canone che verrà a determinarsi dovrà essere proporzionato ed equivalente a quanto prima il terreno fruttava al Comune. Considerato che è questo proprio il momento di soddisfare i giusti desideri dei cittadini che hanno combattuto per l'onore della Patria, e che oggi chiedono lavoro per i bisogni delle proprie famiglie. Considerato che i Comuni sono in obbligo, per quanto sia possibile di provvedere per il benessere della popolazione e si verrebbe con l'attuazione di simili provvedimenti fra non molti anni a mettere questi cittadini in condizione di rilevante benessere per la grande produttività e utilità dell'ulivo. Delibera di concedere, come concede a favore di questi cittadini il fondo comunale Torracca, allo scopo di lottizzarsi da persona tecnica che sarà con altra delibera designata dall'amministrazione, e a cui si determineranno le dovute indennità prima di cominciare le operazioni. Come verrà specificato in seguito, ogni lotto deve attribuirsi a persona atta alla coltura con precedenza dei cittadini che hanno combattuto per la Patria, o che siano riconosciuti poveri. Ove poi vi siano lotti in supero, questi vanno attribuiti gradatamente ai piccoli possidenti; e che pure siano in condizione di potere coltivare la proprietà. Ogni singolo lotto si dichiara inalienabile per un ventennio, ed ove la persona a cui fu consegnato, non provvede alla coltura a preferenza di ulivi nel termine di quattro anni, l'Amministrazione Comunale riserba il diritto di revocare la concessione ed attribuirlo ad altro richiedente. Nel caso di decesso dell'assegnatario prima che il terreno fosse coltivato, questo rientra di nuovo all'Amministrazione per farne un'altra assegnazione. Lo stesso vi pratticherà ove l'assegnatario non avesse eredi. Tutti i concessionari avranno obbligo di rispettare tutte le norme e modalità che verranno determinate dal perito, il quale dovrà costituire i lotti da due a tre moggiate a secondo la natura del terreno, determinando anche il relativo canone. Il presente verbale, previa lettura viene firmato come appresso: il Presidente P. Santoro; il membro anziano F. Santoro; il segretario Lorenzo Furgiuele".

Malgrado i buoni propositi, il progetto dell'assegnazione delle terre restava immotivatamente nel cassetto. Per smuovere le acque, ad iniziativa di Domenico Machera si costituì la Lega dei Contadini, in seno alla quale sorse anche una Cooperativa Agricola e di Consumo. Venne chiesto un incontro chiarificatore col Sindaco, che di buon grado accolse la delegazione in Municipio. Gli eventi, però, precipitarono col rischio di una pericolosa sommossa popolare. Così racconta i fatti Domenico Machera, uno dei protagonisti:

"Allo scopo di accelerare la risoluzione del problema, nel luglio successivo chiedemmo al Sindaco di riceverci in Commissione nella casa comunale onde discutere e prendere accordi decisivi sull'argomento. Ottenuta l'adesione fu indetta la riunione in un giorno festivo e fummo ricevuti nella sala delle Udienze. Nel mentre la discussione stava per entrare nella fase conclusiva, repentinamente una schiera di popolo, con impeto invase la sala. La folla imprudente ed accesa d'ira, voleva sfogare la collera contro il primo cittadino, forse il meno responsabile delle addebitate colpe. Cercai di fargli scudo e con altri compagni fu accompagnato a casa, al riparo di ogni violenza ed offesa. Riuscii a stento a sedare quella fiamma esplosa da rancori che da secoli era rimasta serrata e soffocata nei petti; e raccolta quella folla affannata sul Largo Annunziata vi tenni un comizio a conclusione del quale fu redatto un ordine del giorno indirizzato al sindaco e p. c. al prefetto e al Ministero degli interni col quale si chiedeva di dar corso, senza ulteriore ritardo, all'assegnazione delle quote. L'esito si faceva attendere e allora diedi impulso all'agitazione più intensa, con frequenti comizi e obbligammo l'amministrazione a dimettersi".

In effetti il 24 luglio 1919 il sindaco f.f. Saverio Manfredi e tutto il Consiglio si dimisero con questa motivazione:

"Il Consiglio considerato che di fronte alle cose normali che oggi si svolgono non solo a Campana, ma in tutta Italia; considerato che non è possibile accontentare le masse disfrenate di una piccola parte della popolazione che pretendono ciò che non si può loro concedere e ciò che non spetta loro; considerato che pochi individui, a scopo elettorale, mettono dissidi in questa pacifica popolazione, spingendola e sobillandola contro l'autorità costituita; il Consiglio che aveva già proposto dimettersi prima che fosse comunicato l'insidioso e bilioso, per quanto posticcio, telegramma del Sig. Cundari, nel respingere le frasi tendenziose e che non rispondono a verità di cose, ha deciso di dimettersi in massa, come si dimette di fatto, anche per protesta contro le basse insinuazioni".

Anche il Prefetto di Cosenza, in un Rapporto al Ministro degli Interni, il 22 luglio si era interessato d'ufficio ai fatti di Campana. Tra l'altro scrive: "... circa 300 persone con musica e bandiera del Municipio ... gridando: abbasso speculatori, vogliamo requisizione generi e ribasso 50%. Furonvi numerosi oratori occasionali che invitarono dimostranti alla calma". A seguito delle dimissioni del Sindaco, il Sottoprefetto di Rossano nominò Commissario Prefettizio il Dott. Ippolito, che non raccolse la benevolenza della popolazione, per cui dovette lasciare l'incarico. Intanto il 3 agosto 1919, dopo un amorevole richiamo del Sottoprefetto, l'amministrazione Manfredi ritirò le dimissioni rientrando in carica. La prova non resse, per cui nuovo Commissario Prefettizio venne inviato il Dott. Giuseppe Natale di Cropalati, il quale, come scrive Machera, "animato da generosi istinti, di comprensione e di alto valore umano, con sagacia e saggezza seppe interpretare, con acuminata oculatezza, i bisogni del popolo e senza indugio mise in esecuzione il progetto" della quotizzazione. Per sopperire alle spese dell'operazione, trovandosi il Comune in dissesto finanziario, il Commissario chiese la collaborazione della Lega dei Contadini, che raccolse 10 lire da ogni assegnatario da versare alla Cassa comunale. In questo modo, tra il 1919-1920, anche dietro la spinta delle forze contadine, si potè effettuare l'attesa assegnazione dei fondi comunali Torracca e Ficuzza. Completata l'assegnazione dei menzionati fondi comunali, si notò che 47 famiglie erano rimaste senza quota. Il sindaco Machera, che si era insediato il 10 ottobre 1920, con il consenso del Consiglio Comunale, nel dicembre successivo, deliberava di lottizzare e assegnare alle famiglie sprovviste il fondo Nepitetto destinandolo a colture di cereali e di patate. Si concludeva così un'operazione da lungo progettata e che servì a riportare in paese una certa calma sociale.

4. Il campo delle Vavole
Il Campo delle Vavole, località ai confini tra Campana-Savelli e Verzino, apparteneva al demanio comunale. Nel passato il principe Sambiase vi aveva goduto il diritto del terzo ("ius tertii") sul reddito annuo e ad anni alterni era dato in fitto ora a pascolo, ora a coltura, soprattutto grano. Nel 1921 il Campo delle Vavole andò acquistando la fisionomia di un vero e proprio villaggio di contadini. In tale anno, infatti, vi si trasferirono ben 56 famiglie di Savelli. Non sono tempi facili per i contadini, assillati sia dalla mancanza di terra, sia da patti agrari e fitti gravosissimi. Lo scontento si aggrava anche per la mancata o ridotta ripartizione delle terre promesse agli ex combattenti e reduci della guerra 1915-18. Dalla delusione si passa all'occupazione abusiva delle terre demaniali determinando spesso fenomeni di intolleranza e relativa repressione da parte delle forze dell'ordine. In questo clima rovente Campo delle Vavole si trasforma ad opera appunto dei menzionati savellesi, per lo più ex combattenti ed ex emigrati rientrati dal Nord America, che pensarono bene di uscire dalla mischia acquistando quelle terre, costruendovi fabbricati rurali ed incrementando le colture consentite dal terreno. Dai Registri del Catasto del secondo dopo guerra si evince che i terreni sono di tipo seminativo, pascolo, bosco ceduo e ad alto fusto, castagneto, querceto. Molta parte venne coltivata a vigna, mentre i fabbricati rurali costruiti risultano ben 34 distribuiti nelle varie proprietà circostanti (Campo delle Vavole, Destre del Cavaliere, Cozzo del Bersagliere, Tracchietto, Cannavata, Cugnale di Raffaele, Grecianelli, Pinacchietti, Macchia della Regina). La popolazione arrivò fino a circa 500 abitanti, tanto da suscitare preoccupazione nell'arcivescovo di Rossano Domenico Marsiglia. Nel 1934 l'arcivescovo volle visitare di persona il villaggio per amministrarvi anche la Cresima. Il suo segretario così annotò nel diario: "Durante la visita a Campana S. E. volle andare al Campo delle Vavole. Si andò in auto per un buon tratto (fino al Cozzo del Morto), poi si dovette prendere un sentiero e proseguire a cavallo, tra folti querciuoli. Giunti nelle vicinanze, trovammo gli archi rudimentali, ma tanto festosi: era l'espressione genuina della gioia, dell'entusiasmo e della fede di quei semplici e buoni campagnoli". L'arcivescovo rimase colpito dallo stato in cui vivevano quelle famiglie, pr cui si prodigò in tutti i modi per ottenere provvisoriamente una sezione di scuola elementare. Intanto dava incarico all'arciprete Pancali di Campana di compilare l'elenco dei bambini in età scolare e di farlo pervenire all'Ispettore scolastico. Il 6 febbraio 1935 l'arciprete comunicava che pur avendo provveduto a spedire gli elenchi, la pratica aveva bisogno di altri interventi: "Ubbidiente a quanto V. E. mi comandava circa il visto dell'Autorità competentedell'elenco dei ragazzi che frequenterebbero la scuola di Campo delle Vavole, l'Ispettore scolastico di Cotrone.. rispondeva ... che dette pratiche debbono essere mandate a lui dagli stessi interessati direttamente... Non sapendo come regolarmi, accludo a V. E. i due elenchi vistati". Superate le difficoltà burocratiche, la scuola sussidiata entrò in funzione l'anno successivo. Maestro fu nominato Francesco Sacco del luogo, il quale, incoraggiato dalla disponibilità di Mons. Marsiglia, il 15 dicembre 1936 gli scrisse esponendo il vivo desiderio della gente di avere anche a Campo delle Vavole una "chiesetta ove avvicinarsi al nostro Signore". A stretto giro, da Rossano arrivò la risposta positiva (29 dicembre 1936) con l'invito a costituire un Comitato che individuasse la località più adatta ed avviasse con l'aiuto dell'arciprete D. Gaetano Pancali le pratiche necessarie. Il progetto della chiesa venne redatto dal geom. Giuseppe Alessi di Savelli. Non conosciamo i motivi per cui la costruzione della chiesa non andò in porto, anche se risulta che l'arcivescovo Marsiglia ritornò al Campo delle Vavole ancora nel maggio 1940. Il villaggio savellese in terra di Campana continuò a vivere fino agli anni recenti della emigrazione di massa, che allontanò le nuove generazioni dalla terra e determinò la fine dello stesso villaggio, ormai completamente disabitato.

5. Ultime vicende prima del Fascismo
La fine della guerra ed il ritorno dei reduci aveva riportato entusiasmo e fiducia. Ben presto, però, la musica mutò: mancavano i viveri, i prezzi erano saliti alle stelle, le famiglie vivevano in estrema povertà e senza risorse. Abbiamo in parte seguito l'evolversi della situazione attraverso la vicenda della quotizzazione di Torracca, Ficuzza ed Incavallicata. Ed in realtà il momento sociale e politico, già teso e arroventato per il contrapporsi delle avverse fazioni, andò aggravandosi con vere e proprie rappresaglie intestine e missioni punitive contro i fautori e i propugnatori delle nuove istanze sociali di sinistra. Chi usciva dalla norma era accusato di disfattismo, sedizione e anarchismo. E' quello che accadde, per esempio, al giovane avvocato Luigi Manfredi, "uomo di straordinaria intelligenza e d'una cultura enciclopedica", denunciato nel 1918 come squilibrato perchè "di idee anarchico-socialiste" e processato per "disfattismo", come risulta dal rapporto del Prefetto di Cosenza del 26 ottobre 1918. Per star fuori dalla beghe di paese, il Manfredi andò a vivere presso uno zio a castelsilano, allora Casino, dedicandosi alla professione. La tensione, che ormai aveva inasprito gli animi, ebbe ripercussioni anche nella vita amministrativa del paese. Al lungo periodo di stabilità politica del sindaco Pasquale Santoro (1903-1918), seguirono anni di altalena politica, che si conclusero con la presa del potere del Fascismo. Il Not. Santoro, concluso il suo quarto mandato nel 1918, malgrado la proroga disposta dal Governo per tutte le cariche pubbliche, preferì farsi da parte, per cui assunse la carica di sindaco l'assessore anziano Saverio Manfredi, fino alle dimissioni in blocco del Consiglio, avvenute il 24 luglio 1919 per i noti fatti già ricordati. Seguirono fino all'ottobre 1920 ben 3 gestioni di Commissari Prefettizi (Ippolito, Natale e Fontanella), che si conclusero con le elezioni e la nomia a sindaco di Domenico Machera, che ebbe la meglio sul Dott. Raffaele Masci. Ma la pace non tornò tra gli ulivi perchè i disordini continuarono e gli scontri tra squadristi fascisti in forte crescita e i socialisti erano all'ordine del giorno. I socialisti ed il sindaco Machera in particolare furono fatti oggetto di una vera persecuzione con spedizioni punitive e violente aggressioni. Non mancarono i feriti, tra cui Giuseppe Spina (Mizzicunu) e Vincenzo Germinara (Cugnatella), mio nonno, entrambi fuori della mischia. Del clima arroventato e degli atti di violenza venne ritenuto responsabile il sindaco, per cui il 27 agosto 1921 il Prefetto, dopo averne fatto rapporto al Ministro, sciolse il Consiglio Comunale costringendo il sindaco alle dimissioni. A gestire il Comune venne inviato come Commissario Prefettizio Raffaele Passavanti. Il fatto provocò la reazione dei Deputati Pietro Mancini ed Enrico Mastracchi, che il 25 novembre successivo presentarono senza esito un'interrogazione al Ministro dell'Interno "sull'arbitrario scioglimento dell'amministrazione socialista di Campana". La nuova gestione commissariale servì a predisporre le nuove elezioni, che si tennero l'8 dicembre 1921 con l'affermazione della lista del Dott. Raffaele Masci, che venne eletto sindaco. Malgrado il clima politico favorevole - era appoggiato dalle destre - il Dott. Masci il 21 giugno 1923 si dimise da sindaco, ufficialmente per ragioni di carattere privato e familiare. In realtà sembra che le dimissioni siano state determinate da questioni finanziarie, in quanto il Consiglio e la Giunta non avrebbero approvato l'entità delle spese da lui sostenute per un viaggio a Cosenza per pratiche del Comune, ritenute da tutti eccessive e gonfiate. Contestualmente all'accettazione delle dimissioni, il Consiglio elesse sindaco Saverio Manfredi, che si mantenne in carica fino al 16 luglio 1926, giorno in cui Francesco sangiovanni si insediò nel suo Ufficio di Podestà in forza del D. R. del 7 luglio dopo che il giorno prima aveva fatto a Cosenza il giuramento davanti al Prefetto. La cennata alternanza amministrativa non impedì, comunque, la realizzazione di alcune opere pubbliche degne di nota, alcune delle quali sono state già segnalate. Di non poco conto è stata l'istituzione nel 1924 di un servizio automobilistico Cariati-Campana-S. Giovanni in Fiore con relativo servizio postale. L'inaugurazione del servizio dal Consiglio Comunale venne attribuita all'interessamento del Sottoprefetto di Rossano, Dott. Giuseppe Labisi, a cui venne dato un pubblico voto di plauso. Si deliberò un sussidio di £. 1200 annue alla ditta appaltatrice "sotto condizione che la ditta avochi a se il servizio postale e che anzicchè effettuare la fermata al Rione S. Croce scenda fino in paese". Da ricordare inoltre l'iniziativa di fornire il paese di energia elettrica. Il contratto a scadenza decennale, venne stipulato nel febbraio 1924 con la Società creata dall'Ing. Pietro del Vecchio e da Massimo Clausi, che da poco avevano impiantato una centrale idroelettrica nel torrente Laurenzana. Per la relativa distribuzione dell'energia elettrica venne costruita la cabina elettrica di Zimmariello, di cui oggi restano i ruderi e che rimase in funzione fino alla statalizzazione dell'Energia Elettrica col passaggio del servizio all'Enel. Entrambe le opere si devono al sindaco Saverio Manfredi, ultimo in carica prima dell'avvento del Podestà.

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