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Francesco Marino

Nato nel 1624 da Giovanni Battista Marino e da Santa Lavonia, Francesco trascorse la fanciullezza a Campana. Nel 1634 lo troviamo tra i "chierici", che servono all'altare nella chiesa matrice. In quell'anno, durante la Visita Pastorale dell'arcivescovo Pietro A. Spinelli, viene interrogato insieme agli altri ragazzi sulle cose necessarie del servizio liturgico. Ordinato sacerdote intorno al 1647 dall'arcivescovo Giacomo Carafa, esercitò il ministero a Campana mentre era arciprete D. Fabio de Madaro.

Il suo primo atto da sacerdote, documentato nel Registro dei Battezzati della parrocchia è del 23 novembre 1647, giorno in cui amministrò il battesimo a Dorodea Russo. Intorno al 1650, per una certa ostilità contro la sua persona, si allontanò da Campana iniziando il suo "duro esilio", come egli stesso ebbe a definirlo in alcuni suoi componimenti poetici. Si portò prima a Napoli, dove visse a lungo e dove ebbe modo di frequentare circoli culturali e varie accademie letterarie, dedicandosi in particolare alla poesia. Da Napoli si trasferì poi a Roma, dove si diede agli studi teologici e giuridici addottorandosi "in utroque iure". Discusse la tesi dottorale davanti al papa Alessandro VII, al card. Barberino e ad un collegio di dotti composto tra gli altri da Eusebio degli Eusebi, Giovanni Battista e Giuseppe Ponzio. Anche a Roma frequentò i circoli letterari entrando a far parte dell'Accademia degli Infecondi. Godette l'amicizia di nobili famiglie romane, tra cui i Panfili, gli Orsini, gli Altieri, che lo introdussero nella carriera ecclesiastica di alto rango. Nel 1671 volle partecipare al concorso per l'arcipretura di Campana, vacante per la morte dell'arciprete Fabio de Madaro. Superatolo a pieno merito, si vide, però, scavalcare nell'assegnazione da D. Salvatore Marino. Del fatto si lamenta il fratello Marco Antonio, quale suo procuratore, che, non contentandosi di aver scritto il 14 settembre 1671 all'arcivescovo Angelo del Noce, il successivo 16 settembre volle solennizzare la denuncia davanti al notaio Francesco Greco alla presenza dello stesso Arcivescovo. Nell'atto "fa presente l'abuso fatto nel preferire il Rev. D. Salvatore Marino quale Arciprete della Chiesa di campana, quando all'esame egli aveva superato quel Sacerdote". Ritornato a Roma, iniziò per Mons. Marino la carriera di Vicario Generale nelle diocesi di Bisignano, Tricarico, Benevento e Cesena. In quest'ultima diocesi collaborò con il card. Vincenzo M. Orsini, che nel 1686 sarà trasferito arcivescovo di Benevento e quindi, nel 1724, sarà eletto papa col nome di Benedetto XIII. All'età di 58 anni, il 25 maggio 1682, su proposta del card. Lorenzo Brancati, Francesco Marino venne promosso vescovo di Isola col mandato di dotare la Cattedrale di sufficiente suppellettile sacra, di restaurarla insieme all'episcopio e di istituire nel Capitolo la prebenda del canonico teologo. Qualche giorno prima, il 28 aprile, si era tenuto il processo sulle sue qualità culturali e pastorali con testimonianze di Carlo Siciliano di Umbriatico e di Antonio de Cello di Nicastro. Il suo episcopato, durato ben 34 anni dal 1682 al 1716, fu ricco di opere. Nel 1685 celebrò un Sinodo Diocesano, pubblicato poi a Bologna nel 1707. Inoltre, mantenendo fede al mandato ricevuto al momento della nomina a vescovo, nel 1692 potè completare i radicali lavori di restauro e di ampliamento della Cattedrale, che arricchì di organo e di artistiche pitture del pittore Daniele Rossi di Macchia. Della suppellettile di Mons. Marino si conserva ancora la poltrona-cattedra della cattedrale sul sui schienale è visibile lo stemma episcopale. Nell'Archivio Segreto Vaticano si conservano ben 11 Relazioni ad limina , da cui si può ricavare un quadro storico ben articolato della diocesi di Isola, che sarà soppressa ed aggregata a Crotone nel 1818. Morì alla veneranda età di 92 anni il 23 ottobre 1716.

1. Il poeta
La permanenza a Napoli e soprattutto a Roma permise al Marino di entrare nei circoli colti e di frequentarvi le accademie letterarie. A Roma, per mano del poeta Giuseppe Coco ricevette il brevetto di ingresso nell'Accademia degli Infecondi, sorta nel 1632 ad opera di P. Tinelli. Nell'intento di reagire alle correnti letterarie libertine ed a quelle di morale troppo intransigente, l'Accademia volle ispirarsi alla letteratura bucolica di Teocrito, di sapore classico. Successivamente, dopo il suo ritorno in Calabria, Francesco Marino venne iscritto nell'Accademia degli Spensierati di Rossano, che annoverò tra i suoi adepti personalità di rilievo come l'arcivescovo G. B. Castagna (poi papa Urbano VII), Vincenzo M. Orsini (poi papa Benedetto XIII), G. B. Vico, Pomponio Leto, Carlo Blasco, Ignazio di Lauro, l'abate Giacinto Gimma, che ne fu il riformatore. Socio di queste Accademie, Marino vanta un'ampia produzione poetica con composizioni sia in lingua italiana, che latina.

a) Opere in lingua latina
In latino scrisse: - POESIS HIEROETHICA SIVE EPIGRAMMATUM SACRO-MORALIUM libri sex, opera pubblicata a Napoli nel 1682 ed in seconda edizione nel 1688. Si tratta di una raccolta di oltre 600 liriche in latino, divise in 6 libri, pubblicate con raggiro dal fratello Marco Antonio Marino, che ne curò l'Introduzione. E' dedicato al card. Benedetto Panfilo. Gli epigrammi sono per lo più di argomento sacro, morale, celebrativo. Non mancano riferimenti autobiografici, come in quello scritto in occasione della morte del padre Giovanni Battista, o in quella dedicata al fratello Marco Antonio in occasione di una sua malattia. Anche a Campana dedica diverse composizioni.

CAMPANA
(Perantiquum aeque ac florentissimum in Calabria Oppidum)
Ore Calasernam Graio discere; sed inde
Mutavit celebrem fama vetusta sonum.
Campana vocitant, quod sit laetissima campis;
Seu quod Campanis ubere certet agris.
Vel quia campanae mores imitata sonantis,
Tot valuit populos erudisse obiecta procellis
Temporis haec duro verbere clara sonat.

(CAMPANA. Antichissima e fiorentissima cittadina di Calabria. La disse Calaserna la greca lingua; e il celebre di leggendaria fama mutò nome col tempo. Campana fu allora ed è tuttora per le sue piane fertili d'intorno o per similitudine alle campane terre pingui di messi ed ubertose. O perchè ignari richiamò gli abitanti rudi per le campagne sparsi della campana ripetendo il suono. Sita in collina aspra e procellosa chiara tinnisce al duro, imperioso sferzare del tempo.)

b) Opere in lingua italiana
In lingua italiana abbiamo un volume del 1694 diviso in due parti tra loro distinte. - POESIE SACRE E MORALI del Signor Abbate Francesco Marini ora Vescovo d'Isola. Parte prima. Stampato a Napoli nel 1694 nella stamperia di Giacomo Raillard "con licenza dei Superiori". Si tratta di 207 componimenti su argomento prevalentemente sacro dedicati a personaggi illustri: imperatori, papi, cardinali, principi, letterati. Non mancano nei testi influenze secentiste ed un certo tono aulico. In complesso, però, si presentano con una finezza di stile, che redime le pecche del tempo. L'editore nella dedica di Prefazione al volume definisce le poesie "gemme in vero preziose". Questa prima parte è dedicata al Card. Paluzzi Altieri, nipote del papa lemente X, a cui Mons. Marino era legato da sentimenti di profonda amicizia. Durante il suo soggiorno romano era stato anche precettore dei nipoti del cardinale. Nella raccolta figurano diversi componimenti autobiografici, che consentono di seguire la vicenda umana del poeta e di entrare nel suo animo per sondare sentimenti, tensioni, paure e, quel che più ci tocca da vicino, il suo grande amore per il "loco natio", da cui ha dovuto forzatamente allontanarsi per un insieme di motivi non tutti e non sempre identificabili. Molto espressivo e sintomatico è il seguente sonetto dedicato a Campana, sua "patria infelice".

ALLA SUA PATRIA
Patria infelice, ahi, se per mio gran duolo,
L'antico tuo splendor spento si vede,
E son le glorie tue flebili prede
Di tirannica man, sdegno è del Polo.

Ma da qual parte egli spiccossi a volo
Quel sassolin, che ti percosse il piede?
Onde ne cadde, e già prostrato or siede
De' tuoi gran pregi il gran Colosso al suolo?

Colpo è del Ciel, che t'ammaestra; e queste
Catastrofi son pie; poichè ti sono
Di pietade, e d'amor segni, e proteste.

Così erudita de' flagelli al suono,
Cangiarti un dì saprà man, ch'è celeste,
Le piaghe in fregio, e le ruine in trono.

2. Lo scrittore
Meno conosciuto e brillante che come Poeta, Marino scrittore ci offre una discreta produzione in prosa, per lo più lettere, anche se non manca qualche scritto di carattere filosofico e teologico.

a) Scritti filosofici, teologici e giuridici
Di questi scritti non è pervenuto nulla. Se ne ha notizia in uno studio manoscritto del campanese Dott. Francesco Spina, il quale riferisce che nella Biblioteca Nazionale di Napoli esistevano scritti vari di Questioni giuridiche di Francesco Marino, che figuravano tra i volumi delle Allegazioni diverse, donate alla Biblioteca dal Prof. Francesco Morano. Sempre dal manoscritto di Spina ricaviamo che Marino scrisse anche l'opuscolo filosofico-teologico sulla Trinità De Deo Trino et Uno.

b) L'Epistolario
E' la parte più consistente degli scritti in prosa di Mons. Marino. Si tratta di 1319 lettere scritte nell'arco di una trentina d'anni alle più svariate categorie di persone (cardinali, vescovi, principi, religiosi, uomini di cultura, gente comune). Le lettere sono state raccolte in due volumi e pubblicate in tempi diversi col titolo di LETTERE FAMILIARI. Il primo volume venne pubblicato a Napoli nel 1698 con dedica a D. Carlo Sanseverino, principe di Bisignano. Complessivamente sono 634 lettere. Il secondo volume è pubblicato sempre a Napoli nel 1700 e dedicato a Bartolo Sambiase, principe di Campana. Le lettere sono in tutto 685. L'approccio alle lettere, per il particolare genere letterario in qualche modo disimpegnato, consente di accostarci all'autore per coglierne più intimamente gli interessi, i sentimenti, le amicizie, il tipo di rapporti con la gente. Molte di queste lettere, inoltre, sono state scritte da Campana e su problemi locali, il che ci favorisce nella conoscenza di circostanze e di risvolti di quella vita paesana altrimenti non documentabile in atti ufficiali. Così veniamo a conoscere vicende, curiosità, aspetti di una storia tanto silenziosa, quanto ricca di risvolti umani, sociali e religiosi senza i quali andrebbero smarrite l'anima e le movenze profonde del tessuto connettivo di una società caratterizzata quasi esclusivamente dai ritmi della quotidianità e dalle tensioni e preoccupazioni dei disagi della sussistenza. Si alternano, pertanto, lettere che affrontano problemi di notevole rilevanza, a lettere di sapore più familiare dove, per esempio, il monsignore ringrazia tale Antonio Scarnati di Bocchigliero per un paniere di ciliege, o si congratula con D. Lucio de Madera per la sua nomina ad arciprete di Campana nel 1684, o ancora ringrazia il principe Sambiase "per il gentilissimo regalo delle provole". L'Epistolario, allora, ci serve non solo per conoscere l'uomo Marino chiamato ad affrontare problemi inerenti il suo ufficio di vescovo, vertenze giudiziarie, questioni teologiche, ma anche per spaziare nell'intreccio di situazioni, di curiosità, che lo rendono piacevole e stimolante nella lettura.

 

Prima di chiudere il discorso su Mons. Marino riteniamo interessante ed utile riportare quanto è stato scritto sul nostro letterato.


Barrio

: "Di Campana fu Francesco Marino, famoso per cultura".


Fiore

lo dice "scrittore disertissimo di molte opere, insigne nella poesia".


Amato

parlando di Campana dice che fu "patria di Francesco Marino, vescovo d'Isola e facondissimo scrittore di molte opere, di cospicuo zelo nella disciplina ecclesiastica e sommamente insigne nella poesia soprattutto sacra".


Gradilone

scrive: "Il Marino merita di essere ricordato come poeta di non comune valore"; e ancora, commentando il volume di poesie in italiano (Poesie Sacre e Morali), dice che "è importante perchè non vi si trova traccia, o ve se trova poca, del marinismo, che è un difetto della lirica italiana del Seicento".

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