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CAPPELLA DEL SS.ROSARIO

La storia della Chiesa della Congregazione del Santissimo Rosario, più conosciuta come “Congrega”, il monumento senz’altro più sontuoso e pregevole di Caccuri, ebbe inizio nel 1689 quando, un gruppo di cittadini tra i quali Francesco Saverio Bonaccio, Orazio Antonio Novello, Filippo e Francesco Mele e Santino Falbo, chiese al Padre Provinciale dei Predicatori, la concessione di una stanza del convento dei dominicani per erigervi la cappella. La richiesta venne accolta e l’autorizzazione concessa l’8 gennaio del 1690. Come contropartita il Padre Provinciale pretese dalla Congregazione il versamento della somma di 15 carlini annui al convento a titolo di elemosina.

Ottenuta l’autorizzazione i confratelli si misero subito all’opera e, grazie anche alla munificenza dei Cavalcanti, la chiesetta si arricchì sempre più di capolavori dell’arte barocca, sculture e quadri. Particolarmente sensibile e generoso si mostrò don Antonio Cavalcanti, figlio primogenito del duca Don Marzio che rinunciò alla successione per farsi cavaliere di Malta e che convinse il padre a donare alla Congregazione, con un atto del 4 gennaio 1750 stilato nel castello di Caccuri e controfirmato dal suo segretario Diego Guarascio, che era anche il sindaco dell’epoca, il ricco terreno denominato Vignali a sud est della cittadina. Ciò gli valse una epigrafe in latino che è possibile ancora leggere sugli scanni corali della chiesetta e che ci informa che “tutto ciò che si vede nel tempietto fu condotto a termine dal frate dominicano Antonio Cavalcanti, nell’Anno del Signore 1753, in voto alla Vergine del Rosario perché la si possa lodare.”

Nel 1824 la Congregazione implorò il Papa affinché concedesse l’indulgenza plenaria per coloro i quali visitavano la chiesa nei giorni delle feste principali e in tutte le domeniche dell’anno. I confratelli chiedevano inoltre che questo privilegio fosse perpetuo ed applicabile “pur in suffragio delle anime del Purgatorio”.

Il Papa Leone XII, il 24 luglio dello stesso anno, su sollecitazione del cardinale Nava, concesse il privilegio. Infine, qualche anno dopo confratelli chiesero al Santo Padre di “voler loro accordare la partecipazione ai privilegi che si godono dall’ordine dei Predicatori, quantunque vengano diretti nello spirituale dai Religiosi riformati, venendo raccomandati dal proprio ordinario coll’attestato che si umilia qui annesso.”

Anche quest’ultimo privilegio venne concesso dal papa Gregorio XVI° il 27 marzo del 1835. Il nome dei confratelli trapassati dal 1835 al 1860 venivano annotati in un registro conservato nella stessa chiesa. Il lunedì di Carnevale, poi, sempre nella stessa chiesetta, veniva celebrata una messa in loro suffragio con la presenza sull’altare dei teschi di alcuni defunti tra i quali quello dello stesso fondatore Antonio Cavalcanti. Questa singolare tradizione rimase in vigore fino alla metà degli anni ’50 quando la Congregazione fu sciolta.

La piccola , splendida chiesa è adornata da un altare barocco con tela raffigurante la Vergine del Rosario e S. Domenico inginocchiato ai suoi piedi nell’atto di ricevere dal Bambinello, che è in braccio a Maria, il rosario. Si tratta di una rappresentazione unica nel suo genere in quanto non vi è raffigurata, a differenza di molte altre tele simili, S. Caterina. Ai lati dell’altare, in due nicchie, sono custodite le statue dell’Addolorata e della Madonna dei Fratelli. Sulla volta sono rappresentate scene del vecchio testamento. All’interno degli scanni corali, come è già stato detto, vengono custoditi i teschi dei confratelli defunti recuperati, agli inizi del XIX secolo dalle fossae mortuorum.

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